IL
PIANO RADIOFONICO
Il
primo lunedì del mese di novembre è stato presentato dall'Autorità di Napoli
alla popolazione degli "addetti ai lavori" uno studio analogico per le
radio, quasi ricalcato su quello televisivo.
Le
spiegazioni tecniche durate tutto il pomeriggio sono scese nei dettagli di uno
studio che ha suscitato le proteste dei fiancheggiatori delle reti radiofoniche
nazionali che da questo piano verrebbero drasticamente ridimensionate, insieme
ad un assetto del locale di cui si fa fatica a identificare i beneficiari.
Il
rappresentante del Conna, quando è intervenuto, ha inizialmente stupito
piacevolmente i responsabili della stesura del Piano vantandone le
caratteristiche, l'inventiva, il ridimensionamento delle reti nazionali che fino
a non molti anni fa non erano neppure ipotizzabili aggiungendo: "Un ottimo
piano che in tanti abbiamo atteso fra il novembre del 1975 ed il marzo del 1976.
Dopo ci siamo rassegnati in direzione di una attesa che è durata fino ad oggi,
solo che nel frattempo sono passati 26 anni".
I
volti dei tecnici presenti a questo punto, capendo la pesante antifona, si sono
improvvisamente rabbuiati rendendosi conto che proporre ai nostri giorni un
Piano analogico di assegnazione con alle porte il digitale sarebbe come
costringere lo staff tecnico della Ferrari a progettare macchine a vapore e che
la scelta incauta da parte dell'Autorità di Napoli potrebbe anche avere
risvolti penali in rapporto agli ingenti capitali investiti.
"Come
mai - ha continuato il Conna - il gruppo che fa capo al presidente Enzo Cheli,
invece di dare la priorità a "Piani" televisivi e radiofonici
completamente fuori dalla realtà tecnica, anche se imposti dalla legge 249/97
che mostra così quanto fosse intempestiva e malfatta, non ha messo in pratica
ciò che impone la medesima legge all'articolo 1, comma 11 in materia di
indagini di ascolto, realizzate ora da società private che se non pagate
adeguatamente truccano i dati non facendo apparire determinate emittenti che
magari registrano alti ascolti creando gravi distorsioni di mercato?".
Gelo
da parte del giovane rappresentante dell'Autorità che probabilmente in quel
momento ha scoperto un mondo ed un procedere che non conosceva.
In
fine seduta, anche una secca risposta alle furbesche proteste di un difensore
delle reti radiofoniche nazionali che fingeva di protestare per "gli
ingenti capitali" impiegati nella realizzazione di questi cattivi doppioni
della programmazione Rai: "La 223/90 prevedeva all'articolo 21 trasmissioni
in contemporanea per un massimo di 6 ore dietro autorizzazione, peggio per gli
"investitori" se scoperto l'affare hanno rischiato, determinando con
forzature e stati di fatto la quasi scomparsa delle locali che - si mettano il
cuore in pace - rinasceranno, perché l'esigenza dei cittadini di avere mezzi di
informazione sul territorio è insopprimibile".
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