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L'ARROGANTE PROCEDERE
I procedimenti per i quali il Conna, la nostra associazione nazionale radiotelevisiva ha presentato ricorso al Tar senza ottenere giustizia sono due, entrambi contenevano una questione di fondo che il Tar del Lazio si è ben guardato dall'affrontare, si ponevano infatti in discussione il rilascio di false concessioni, una subdola truffa ministeriale con risvolti di carattere estorsivo che ha colpito in particolare l'emittenza piccola e media fino a farla quasi del tutto scomparire insieme a tanti operatori/lavoratori. A fianco, sotto il titolo "MEMORIA AVV. LOMBARDI" è riportato l'atto finale depositato prima del giudizio di merito del Tar di cui non conosciamo ancora l'esito, dal quale ben si comprende l'illegittimità delle perentorie richieste del pagamento di canoni arretrati non dovuti per l'inesistenza delle concessioni.
I FATTI
All'arrivo a fine anno 2000 di un rilevante numero di lettere scritte con spirito ultimativo, dove si chiedeva il versamento di cànoni arretrati, il Conna mise in contatto diretto con l'avvocato professore Carlo Lombardi del Foro di Roma 12 emittenti colpite da richieste che andavano dai 20 agli 80 milioni di vecchie lire. Presentato il ricorso con la richiesta di sospendere l'efficacia del provvedimento, il Tar del Lazio, 2a sezione, presidente Domenico Landi si espriveva negativamente durante l'udienza del 21 marzo 2001 (leggere la motivazione nella pagina accanto sotto il titolo: "LA RICUSAZIONE"). Nel mese di marzo 2001, viene approvata la legge n.66 definita anche "Legge ammazza radio locali", dai contorni chiaramente incostituzionali come più volte viene ripetuto su questo numero di Nuove Antenne. Nuovo ricorso affidato questa volta ai penalisti avvocato Alfredo Besi e Gianluigi Falchi (pagina accanto, "LEGGE 66/2001") che con lo stile scarno di chi è solito occuparsi di furti e omicidi (casualmente in carattere: furto di cànoni e uccisioni di emittenti ndr), rilevata l'insostenibilità di alcuni passi, presentano ricorso al solito Tar del Lazio non potendo accedere direttamente alla Consulta. Qui, si verifica il primo grave fatto, il presidente capo della 2a sezione Filippo Marzano, assistito dai consiglieri Francesco Riccio e Giancarlo Luttazi emette il 16 gennaio 2001 una sentenza sconcertante: praticamente il Collegio si sostituisce alla Corte costituzionale respingendo la richiesta degli avvocati del Conna (sintesi della motivazione a fianco sotto il titolo "LA RICUSAZIONE"). La nostra associazione a questo punto, nella persona del suo presidente, denuncia per tale operato il presidente Marzano e di riflesso i suoi consiglieri, al Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa che è il medesimo presidente del Consiglio di Stato Roberto De Roberto, mentre gli avvocati Besi e Falchi presentano ricorso al Consiglio di Stato. Nel frattempo, il ministero gestito dal ministro Gasparri continua a mandare lettere minacciose con nuove richieste di somme da pagare al punto che raggruppate un certo numero di radio decidiamo di affidarle (per evitare di valerci dei medesimi legali per cause simili) all'avvocato Nunzia De Ceglia, e di mandare al merito la prima causa, quella condotta dall'avvocato Lombardi. Sorge però un problema: il denunciato al Consiglio di presidenza dottor Filippo Marzano e i suoi assistenti, in particolare i consiglieri Riccio e Giancarlo Luttazi sono nelle condizioni di serenità tali da definire il processo? La riposta retorica che il Conna si dà è no; quindi decidiamo di ricusare l'intera 2a sezione perché di fronte ad un presidente capo denunciato e ricusato, di riflesso, ben difficilmente gli altri presidenti potranno essere considerati giudici imparziali. Steso il documento di ricusazione consistente in una narrativa completa dei fatti (ognuno può leggerla in sintesi nella pagina accanto ancora sotto il titolo "LA RICUSAZIONE") lo presentiamo al segretario generale dottor Filippo Gai, affinchè lo trasmetta al presidente gemerale del Tar del Lazio Corrado Calabrò dopo averlo fatto protocollare con il numero 2071 in data 2 aprile 2002, copia del medesimo, per lealtà, la consegniamo alla segreteria del medesio presidente Marzano facendola protocollare con il numero 3919. E' in questo passaggio che si verifica un fatto inaudito: il presidente generale Calabrò, più volte sollecitato anche dal segretario Gai si rifiuta di riceverci e di occuparsi della ricusazione demandando allo stesso Marzano ogni decisione! Rimasti senza alternativa alcuna, ci incontriamo una mattina del luglio scorso nell'ufficio del presidente Marzano, promosso a giudice di sé stesso - presente il direttore della 2a sezione dottoressa Simona Manzo - il quale, dopo aver precisato che non conservava rancore nei nostri confronti per la denuncia al Consiglio di presidenza - non fa che confermarci che sarà il presidente Salvatore Leva - ancora della 2a sezione ter - ad occuparsi della causa. Nello scorso mese di settembre abbiamo appreso con preoccupazione che farà parte del Collegio giudicante il consigliere Giancarlo Luttazi il medesimo che partecipò alla prima udienza. A tutt'oggi,disincantati, siamo ancora in attesa venga pubblicata la sentenza a seguito dell'udienza di merito del 2 ottobre scorso.
Ci scusiamo per essere stati costretti ad occuparci del presidente Marzano nel frattempo deceduto, ma quello che e stato l'atteggiamento di un magistrato è ovviamente scisso dagli obblighi di pietà per i defunti.
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