<< Precedente

Home Page

Successiva >>


CANONI E TASSE

Ad un gruppo di associati che hanno ricevuto dal Ministero delle Comunicazioni richiesta di pagamento di cànoni arretrati, il Conna ha indicato lo studio legale di cui è solito valersi.
Riteniamo che il ricorso che segue del professore avvocato Carlo Lombardi, sia il primo di una lunga serie in difesa di una categoria altrimenti destinata a scomparire. 
La sua lettura apre nuovi orizzonti di difesa che ognuno potrà utilizzare.

ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

RICORSO

Nell'interesse di: (omessi dati anagrafici, ndr)

1) Radio Alfa (Civitanova M., MC); 2) Canale 102 (Termoli, CB); 3) Canale 105 (Veglie, LE); 4) Radio Antenna  Alta (Casei Gerola, PV); 5) TRS Milano (Cologno Monzese, MI); 6) Radio Amaselo International (Regalbuto, EN); 7) Radio Idea Stereo (Ascoli Piceno); 8) GS Television (Palermo); 9) Dimensione Radio  Rete Uno Italia (Siracusa); 10) Canale 94 Stereo (Nova Siri, MT); 11) Radio Pulsar (Cumiana, TO); 12) Radio Universal (Casnigo, BG);

contro 

MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI (Direz. Gen. Concessioni e Autorizzazioni)

in persona del Ministero pro tempore domiciliato ex lege presso 
l'Avvocatura Generale dello Stato in Roma, via dei Portoghesi, 12

per l'annullamento, previa sospensiva

del provvedimento emesso dal Ministero delle Comunicazioni, Direzione Generale Concessioni  Autorizzazioni - Divisione V - Sez. II, avente ad oggetto "Richiesta Canone di Concessione per la radiodiffusione sonora in ambito locale" emesso, con date diverse protocollo base DGCA 5/905320 e pervenuto alle emittenti in epigrafe in date diverse nel mese di agosto c.a. come da singole copie che vengono prodotte con il quale si invitano le emittenti in epigrafe al pagamento dei canoni concessori dovuti per l'esercizio dell'attività radiofonica in ambito locale come da specifici prospetti allegati e ciò per i periodi regressi fino al corrente anno escluso poiché viene comunicato che per l'anno 2000 verrà applicata la normativa di cui alla legge 23/12/99  n.488, art.27, commi 9 e 10 (1% del fatturato conseguito nell'anno precedente).

MOTIVI

Violazione di legge - mancata applicazione della legge 
nonché falsa applicazione di legge

Il Ministero delle Comunicazioni con il provvedimento impugnato ha richiesto alle emittenti locali ricorrenti il pagamento dei canoni che si assumono dovuti nel periodo dal 1994 al 1999 per somme rilevanti assolutamente sproporzionate ed ingiuste in ordine alla consistenza ed al bacino di utenza delle emittenti stesse pur in mancanza dei presupposti di legge.
Infatti la legge 422/93, all'art.1, ha previsto un regime transitorio per i soggetti già autorizzati a proseguire nell'esercizio degli impianti di radio diffusione in ambito locale, con una concessione della durata di tre anni, fino all'entrata in vigore della nuova disciplina del sistema radiotelevisivo ed editoriale.
L'art.3, comma 3°, della legge n.422/93 prevede espressamente "la applicazione delle disposizioni di cui all'art.4 della Legge 6 agosto 1990 n.223 è sospesa nel periodo di vigenza delle concessioni di cui all'art.1 del presente decreto".
L'art.4 della legge 223/90, così come richiamato sopra, deve essere posto in correlazione all'art.34 della legge citata allorché al comma 5°prescrive espressamente che "le concessioni previste nella presente legge possono essere rilasciate solo dopo l'approvazione del piano di assegnazione".
A tale proposito ricordiamo che i piani di assegnazione (uno per le televisioni e l'altro per le radio) dovevano consentire l'assegnazione della frequenza a "ciascun impianto" per una "ricezione senza disturbi" (art.3, comma 7, della L.223/90).
In effetti però l'allora Ministero delle Poste (oggi Ministero delle Comunicazioni) ha rilasciato  "Concessioni" totalmente prive di valore mancando la determinazione e l'individuazione dei piani di assegnazione, quindi non ha assegnato le frequenze mentre, con il provvedimento impugnato si chiede il pagamento di canoni di concessione senza che questa sia avvenuta per una frequenza specifica e delimitata (e quindi senza disturbi) e quindi senza la esistenza di una valida e legittima concessione.
Il territorio, inoltre, doveva essere diviso in bacini di utenza in coincidenza, di regola, con il territorio delle singole Regioni italiane, (L.223/90, commi 8 e 9). Nulla di tutto ciò è avvenuto e si è creata in punto di fatto, una situazione caotica dando luogo a numerosi casi, in tutto il Paese, dove imprese radiofoniche (e televisive) non hanno potuto svilupparsi in senso programmatico e le più vulnerabili di queste, per i loro modesti mezzi e capacità economiche e soprattutto per la mancanza di certezza dell'ambito di utenza e di ricezione, (circa la metà dell'intero complesso), sono state costrette a cessare definitivamente l'attività risultando impossibile valersi di frequenze interferite e non garantite.
Un esempio eclatante e clamoroso è avvenuto in Roma ove il canale televisivo 26 è stato contemporaneamente assegnato ad una emittente di Rocca Priora, ad una di Roma e ad una di Roviano senza che nessuno dei tre assegnatari lo abbia mai potuto usare.
In realtà, la ratio della decisione di rilasciare concessioni prive di valore giuridico e pratico, risiedeva nel tentativo politico di mettere a tacere l'emittenza locale considerata una turbativa dei grandi affari dell'etere e l'assoggettamento della piccola emittenza locale al pagamento di tasse di "concessione governativa" (pur in mancanza di una valida concessione) e a canoni assolutamente sproporzionati rispetto al fatturato delle emittenti in epigrafe, come per tutte le emittenti locali, avrebbe determinato in poco tempo, una naturale "sclesione e soluzione finale".
Al contrario, molte piccole emittenti locali, sorrette dalla passione di svolgere un'attività prevista e garantita dalla Carta Costituzionale e dai supporters locali, interessati alla diffusione delle notizie locali, hanno dimostrato una vitalità superiore al previsto e si sono difese non pagando ciò che veniva richiesto in modo assolutamente ingiusto ed illegittimo in base ai principi generali del diritto per i motivi sopra riportati.
Il Ministero, inoltre, pretendeva il pagamento delle somme di cui è causa non dalla data del rilascio materiale delle concessioni (peraltro indubbiamente illegittime per i motivi sopraindicati) ma dalla data della proposta di decreto e in ciò persiste anche se tale principio è stato successivamente dichiarato invalido dalla legge n.249/97, art.3, comma 20. Anche il concetto di somme fisse da pagare previste dall'allegato all'art.22 della legge 223/90 richiamato dal provvedimento, con quest'atto impugnato, in conto canoni verrà "rabberciato" dalla legge n.422/97, art.6 bis, comma 1, agganciandolo all'1% del fatturato delle varie imprese emittenti anche se televisive.
Pertanto le richieste così rilevanti di cui agli atti impugnati e che vanno anche al di là dei termini di validità della pseudo-concessione (tre anni) debbono ritenersi assolutamente illegittime e come tali dovranno essere annullate da codesto eccellentissimo Tribunale Amministrativo Regionale con ogni conseguenza di legge.

ISTANZA DI SOSPENSIVA

Nell'interesse delle emittenti ricorrenti in epigrafe, 
con la presente istanza incidentale,

considerato

che le intimazioni avanzate dal Ministero delle Comunicazioni e, con quest'atto impugnate, stante l'assoluta mancanza di legittimità per i motivi sopra indicati e l'assoluta macroscopicità in relazione ai modesti bilanci e fatturati delle stesse, possono incidere, in maniera sostanziale, da un punto di vista economico e vitale per le mittenti private locali in quanto il pagamento delle rilevanti somme, così come richiesto e non agganciato al fatturato di bilancio (come previsto dal 2000 in poi) creerebbe una intollerante situazione di passività patrimoniale portando alla chiusura delle stesse.
Pertanto si impone una sospensiva dei provvedimenti di intimazione di pagamento impugnati poiché l'obbligo del pagamento, se non sospeso creerebbe veramente una situazione di danno grave ed irreparabile poiché causerebbe la chiusura degli impianti e quindi la cessazione dell'attività di informazione nell'ambito locale per le emittenti ricorrenti con violazione delle norme fondamentali costituzionali della libertà di parola e dell'esercizio dei diritti primari di espressione.
C'è da ricordare che per l'autorizzazione alla stampa e diffusione di un giornale scritto anche quotidiano la tassa di concessione amministrativa è di poche centinaia di migliaia di lire una tantum mentre per l'esercizio dell'attività di giornalista e la libertà di espressione per le emittenti locali si chiedono decine e decine di milioni in modo assolutamente sproporzionato rispetto alle possibilità e al bacino di utenza.
Il pagamento delle somme di cui agli atti di intimazione impugnati, se non sospeso dall'Ecc.mo Tribunale, rappresenta la condanna alla chiusura e al silenzio e quindi un danno assolutamente irreparabile per le emittenti in epigrafe.
Si impone quindi, in via incidentale, la sospensiva dei provvedimenti impugnati ai sensi di legge.

******

Per tutto quanto sopra, con il presente atto, il sottoscritto difensore nell'interesse dei ricorrenti, con riserva di ampliare le motivazione anche in sede di discussione orale, chiede l'accoglimento delle seguenti

CONCLUSIONI

Piaccia all'Ecc.mo Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio previa sospensiva per i motivi sopra indicati e per quelli che verranno enunciati con discussione nella udienza camerale incidentale, accogliere il presente ricorso e disporre l'annullamento degli atti di intimazione e di pagamento come sopra indicati con ogni conseguenza di legge anche in ordine alle spese del giudizio.

Salvezze illimitate.

(Avv. Carlo Lombardi)


<< Precedente

Inizio Pagina

Successiva >>

Nuove Antenne - Periodico del CONNA