La
strategia perdente del centro-sinistra che pur di raccogliere qualcosa
ha tentato di privatizzare la Rai, offrendola praticamente su di un
piatto d'argento ad "amici fidati" (a chi? a Tronchetti,
Colaninno, Romiti?), non si è concretizzata per una questione di
tempi.
Era compresa fra queste grandi manovre la cessione del 49 per cento alla
società statunitense Crown -Castle dell'impiantistica, un patrimonio
senza il quale l'ente pubblico non sarebbe stato più tale. Molte
postazioni di trasmissione infatti risalgono agli Anni Venti e Trenta (Eiar)
del secolo scorso, ricostruite pezzo dopo pezzo nel dopoguerra, e le
attrezzature, molto appetibili, specie per una società straniera, sono
le migliori fra quelle esistenti nel nostro paese. Aver pensato di
alienarle, sia pur mantenendo una maggioranza azionaria destinata
comunque a cadere nel tempo, ottenendone in cambio una somma destinata
ad essere dissipata in spese di ordinaria amministrazione, ha
significato mostrate rare doti di cecità.
Per fortuna, Alleanza Nazionale, ha capito che solo la Rai è in grado
di assicurare una relativa indipendenza informativa dall'emittenza
privata che alla lunga può risultare asfissiante, e che la
privatizzazione dell'Azienda, in prospettiva, non giova a nessuna forza
politica.
Il presidente della Rai Zaccaria - al quale per altri versi bisogna
riconoscere grandi meriti di aver resistito agli assalti della
concorrenza - grida allo scandalo paventando disastri economici per
l'Azienda. Sarà anche così, ma la sciagura più grande sarebbe quella
di vendere un bene che è di tutti.
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