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LA FRODE DEL DIGITALE

 

LA FRODE DEL DIGITALE

Considerazioni in chiave critica del disegno di legge Gasparri se ne sono sentite tante, buona parte condivisibili; tuttavia, ben pochi hanno afferrato la meccanica dell'inganno che sta per essere giocato ai danni di tutti i cittadini.
Costretto a preparare la Rai alla svendita; a evitare che Rete 4 venga trasferita su satellite come stabilito dalla Consulta e per meglio soddisfare gli interessi dell'Inquilino (provvisorio) di palazzo Chigi, il ministro Gasparri "doveva" aumentare il numero dei canali per far rientrare nel 20 per cento delle reti nazionali possdedute Rete 4, inventandosi qualcosa di fintamente "avveniristico" che risultasse possibilmente di difficile comprensibilità per deputati e senatori sempre timorosi di non essere al passo con i tempi. Detto fatto, il digitale terrestre, (da non confondere con quello da satellite in uso da tempo).
Ben sapendo che questa tecnologia non sarebbe stata utilizzabile per la totale mancanza di ricevitori per i prossimi 10/15 anni, ammesso nel frattempo non cambino gli standard tecnici di trasmissione come tutto lascia prevedere, Gasparri, e i suoi consiglieri ministeriali, hanno allargato fittiziamente a dismisura il numero dei canali di trasmissione, lasciando intendere che il problema della carenza delle frequenze sarebbe stato risolto dal digitale.
Ebbene, ciò è falso perché al 31 dicembre 2003 - ammesso che la Rai "svenandosi" in tutti i sensi riesca a trasmettere i suoi programmi in digitale terrestre, nessuno, - si è capito bene, nessuno - sarà in grado di percepire detti segnali per la mancanza totale di televisori e di decodificatori, completamente differenti da quelli utilizzati per ricevere le trasmissioni in digitale da satellite.
Una "polpetta avvelenata" perché a differenza di quanto avvenne nel passaggio dal bianco e nero al colore, il digitale non costituisce un richiamo così forte tale da spingere gli ascoltatori a mandare al macero i loro televisori né a convincerli a bardarli con strumenti e fili per ricevere poi gli stessi programmi irradiati dalla Rai in analogico.
Il ministro Gasparri, contando su di una informazione a senso unico, è riuscito ad assicurare ben 261 miliardi in vecchie lire - uno sperpero di di capitali "recuperati" poi dal ministro Tremonti vendendo i palazzi dello Stato - per incentivare l'acquisto del magico cassettino decodificatore.
La Rai, in compenso, sull'orlo del baratro, si trova ad annaspare acquistando affannosamente canali di trasmissione, contribuendo a distruggere le poche emittenti locali rimaste.
Mediaset, in compenso, sta a guardare e anch'essa acquista canali dalle emittenti locali ma lo fa come forma di investimento per i buoni guadagni che il fulmineo lievitare dei prezzi delle frequenze consente.
C'è da domandarsi a chi giova l'atteggiamento complessivo del ministro delle comunicazioni; non certo al suo partito condannato ad essere eternamente succubo e teledipendente dai mezzi di informazione di Forza Italia impegnati soprattutto in direzione del "Patto" Bossi-Berlusconi.
Anche le forze politiche di centro non hanno nulla da guadagnare dall'approvazione del ddl Gasparri; anzi, ad esse non mancano di motivi di riflessione: la scomparsa della Rai mediante depauperamento e seguente cessione a pezzi dei canali significherebbe consegnare l'intero potere mediatico a Silvio Berlusconi, riducendo quello che oggi è un diritto di presenza sul mezzo pubblico ad una vaga speranza residuale.
 

 


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