Legge 66/2001 e finte concessioni
Il Consiglio di Stato affronterà prossimamente la questione della legge 66 e
ci auguriamo faccia finalmente giustizia rilevando l'incostituzionalità delle
note norme inique che hanno costituito motivo del nostro ricorso.
Questo pronunciamento è comunque indispensabile per ottenere una sentenza che,
comunque vadano le cose, è indispensabile per poter accedere alla Corte di
Giustizia delle Comunità europee.
L'Italia da tempo è sotto osservazione per quanto concerne l'appropriazione
illegale (rispetto alla Costituzione e le regole della stessa Comunità) dei
mezzi di informazione di massa.
Per renderci meglio conto del clima favorevole ad una nostra eventuale azione,
riportiamo parte del resoconto di una recente presa di posizione del
Parlamento europeo:
"Il Parlamento europeo, nel corso di una seduta a porte chiuse dei
coordinatori della Commissione Libertà pubbliche, ha deciso di avviare
un'inchiesta sui "rischi di gravi violazioni dei diritti fondamentali di
libertà, di espressione e di informazione in Italia". Si tratta di un passo
senza precedenti nella storia comunitaria. Per la prima volta viene avviata la
procedura prevista dall'articolo 7 del Trattato dell'Unione europea che
potrebbe portare ad una serie di sanzioni contro il Paese il cui governo si
fosse reso responsabile di violazioni dei principi democratici fondamentali su
cui si basa l'Ue. Le sanzioni possono arrivare fino alla sospensione del
diritto di voto del Paese incriminato.
La decisione, già di per sé clamorosa, è resa ancora più bruciante dal fatto
che proprio il governo italiano messo sotto inchiesta esercita in questo
semestre la presidenza di turno dell'Unione europea. L'articolo 7, approvato
dal Trattato di Nizza in seguito al caso Haider, attribuisce il diritto di far
partire la procedura di messa in mora di un Paese per comportamento
antidemocratico sia al Parlamento europeo, sia alla Commissione, sia ad un
terzo degli stati membri. Già in passato il Parlamento aveva ripetutamente
criticato l'Italia per l'eccessiva concentrazione dei media nelle mani del
capo del governo e per la mancata risoluzione del conflitto di interessi. Ma è
la prima volta che, dalla condanna politica, si passa ad una indagine formale.
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