LA
SVENDITA DELL'ETERE
di
ELIO LANNUTTI (presidente dell'ADUSBEF)
Anche
le ultime decisioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che ha deliberato
uno schema di regolamento di concessione delle cinque licenze UMTS mediante licitazione
privata su una base di 350-500 miliardi di lire a licenza, confermano quale sia il danno
che si sta provocando al sistema Paese ed ai consumatori. Mentre in Gran Bretagna, lo
schema di assegnazione con asta pubblica previsto per effettuare le concessioni dei nuovi
cellulari multimediali che da noi entreranno in servizio dal primo gennaio 2001 ha fatto
incassare il controvalore di 75.000 miliardi ed il governo tedesco prevede di ricavare
dalle licenze ben 100.000 miliardi, in Italia, lo schema privatistico-spartitorio
dell'Autorità TLC prevede introiti di appena 2.500-4.000 miliardi! L'affrettata
delibera dell'Autorità che tramite licitazione privata svende un bene pubblico come
l'etere a privati in cambio di un piatto di lenticchie e che deve essere trasformata
subito in asta pubblica prevedendo un cànone rapportato al fatturato delle aziende
concessionarie, dimostra ancora una volta l'inutilità e la controproducenza di tale
organismo che finora ha garantito i grandi interessi senza salvaguardare i diritti minimi
dei consumatori. I "Capitani" di industria nostrani che non hanno battuto
ciglio nel pagare 5.000 miliardi una concessione UMTS in Turchia, (TIM), giudicano folli
perfino le sacrosante richieste dell'attuale presidente del Consiglio che valuta le cinque
licenze UMTS, almeno 25.000 miliardi, restando ben al di sotto del loro valore reale. Con
25.000 miliardi di introiti, lo Stato potrebbe ridurre di un punto il debito pubblico,
scegliere di restituirne una parte con sgravi fiscali, potenziare lo sviluppo delle reti e
l'informatizzazione nelle scuole: sarebbe un delitto regalare a floride aziende delle TLC
che già spremono i consumatori con alte tariffe non commisurate alla qualità dei servizi
erogati, un bene pubblico come l'etere, riservato alla collettività dall'articolo 43
della Costituzione.
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