ENZO CHELI E IL DIGITALE
LA LUPA NAPOLETANA
di Bruno De Vita
L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazione presieduta da Enzo Cheli
più che ad un mastino napoletano è paragonabile ad una lupa che nonostante
perda il pelo con lo scorrere del tempo, non rinuncia ai suoi vizi, e la
migliore dimostrazione viene da quanto è accaduto con il piano delle
frequenze televisive in tecnica analogica del 1998 che non ha insegnato
nulla alla Lupa di Napoli.
Un piano fatto contro le Emittenti locali, per liberare frequenze da
regalare alle Emittenti nazionali, per far chiudere molte aziende non
controllate e non controllabili dai signori dell'informazione.
Un piano che però ha fatto la fine che meritava.
Ricordate? Approvato in pompa magna, a dispetto della realtà del settore e
delle tante piccole aziende, in seguito modificato, poi sospeso e infine con
apposita legge gettato alle ortiche.
L'arroganza della megagalattica Autorità napoletana fu infatti sconfitta
dalle tante piccole Emittenti locali che si volevano far sparire. Non
contenta, la Lupa di Napoli ci riprova con il piano delle frequenze
televisive in tecnica digitale.
Infatti, stessa Autorità, stessi padroni, stessi interessi da difendere e
quindi stessa voglia di far chiudere le Emittenti locali per liberare
frequenze da regalare a chi ha già tutte le altre.
Il piano digitale, proposto dall'Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni, si caratterizza come quello analogico per lo spreco delle
risorse in modo tale che non ci sia spazio per le concessioni alle Emittenti
locali.
Ancora una volta si propone il sistema di tre canali in ogni area di
servizio per ciascuna rete, per poter ottenere il risultato che possano
essere assentibili in ogni area solo 18 reti digitali in totale tra
nazionali e locali. Di modo che, applicando la norma dei 2/3 alle nazionali
e 1/3 alle locali avverrebbe che per le nazionali sarebbero disponibili 12
reti che moltiplicate per 4 o 5 programmi gestibili per ogni rete porterebbe
all'enorme numero di 48/60 Emittenti nazionali a fronte delle 12 ora
esistenti. Dando, cioè, ad ogni Emittente nazionale una rete e la
possibilità di commercializzare altri 3 o 4 spazi per produttori di
programmi.
Mentre per le locali sarebbero disponibili 6 reti, che moltiplicate per 4 o
5 programmi gestibili per ogni rete porterebbero alle 24/30 Emittenti locali
a fronte delle 35/40 ora esistenti.
Dando, cioè, solo a poche Emittenti (6) una rete, cioè le frequenze per
detta, permetterebbero di commercializzare altri 3 o 4 posti in favore di
quanti volendo emettere programmi sarebbero costretti a valersi delle reti
possedute da altri.
Poi, in ossequio all'ipocrisia che contraddistingue l'operato della Lupa
napoletana" e dei suoi ispiratori, si aggiunge che, nel piano di secondo
livello in cui verranno pianificate le frequenze residuali e minori si
potranno riequilibrare le sperequazioni, come a dire "fra gli scarti ognuno
potrà scegliere!".
Sorge spontanea una domanda: esistono motivazioni tecniche che se proprio
non impongono, almeno consigliano questo tipo di piano?
A nostro parere non esiste alcuna motivazione tecnico-scientifica: come
sarebbe giustificabile che tra una Regione e l'altra si debba
necessariamente cambiare frequenza nell'ambito di una stessa rete?
All'interno di una singola Regione è prevista la trasmissione sulla stessa
frequenza ovviamente emessa da più ripetitori senza che ciò crei problemi
interferenziali.
Evidentemente le ragioni dell'articolazione di 18 reti con tre frequenze
ciascuna non dipende da nessuna valutazione logica, forse discende da motivi
cabalistici dell'uso del tre appresi in qualche botteghino del lotto, oppure
dal fatto che con questo aumento delle frequenze ad uso delle Emittenti
nazionali, quel famoso limite anti trust che costringerebbe Rete 4 ad andare
sul satellite si dilaterebbe sino a far rientrare questa Emittente
nazionale: infatti, il 20 per cento di 15 Emittenti farebbe tre.
Come anche potrebbe dipendere dalla voglia di creare spazi nel digitale
terrestre a quelle Emittenti a pagamento oggi presenti sul satellite e che
non sono state capaci di orientare il mercato pubblicitario e quello dei
programmi in direzione del satellitare, neanche con tutte le speculative
operazioni di sequestro dei grandi eventi e delle grandi manifestazioni
sportive e similari.
Forse in questa operazione falsamente pianificatoria dell'Autorità delle
Garanzie per le Comunicazioni c'è una miscelazione di tutto questo.
Una cosa però risulta inaccettabile, da qualunque angolazione la si voglia
vedere: lo scippo delle frequenze dalle mani delle Emittenti locali che le
posseggono da anni, e che da anni rappresentano e impersonano l'autentica
informazione libera di questo paese.
A nostro modo di capire, la Lupa della Torre Francesco dovrebbe perdere il
vizio di essere troppo milanese ed, acquisendo un po' più della saggezza
propria della città che la ospita, divenire un po' più napoletana.
Possibilmente fare, anche, proprio il motto "Giù le mani dalle frequenze
delle Emittenti locali", se le reti nazionali vogliono entrarne in possesso
almeno le acquistino".
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